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Il Serafico risorsa per Assisi. Da luogo di cura a città di innovazione urbana sulla disabilità

DiFrancesca Di Maolo

Lug 30, 2021

Abstract –

Nel 1871 fra Ludovico da Casoria fondò ad Assisi l’Istituto Serafico per bambini ciechi e sordi.
Da allora ad oggi l’Istituto, ha saputo coniugare l’impulso carismatico del fondatore per la pienezza della vita dei più fragili, con tutte le attività e i mezzi utili alla realizzazione di questo ideale.

Oggi conta 186 dipendenti, lavora con 15 regioni italiane, è autorizzato per 84 posti residenziali e 30 semiresidenziali, ogni giorno si occupa di 130 ragazzi, con 13.000 trattamenti riabilitativi e 22.000 educativi all’anno e oltre che di disabilità visive e uditive si interessa di quelle plurime e complesse, di disturbi neuropsichiatrici e del neurosviluppo.

Un complesso organismo che ha al suo centro non la semplice cura dei meno fortunati, ma il “prendersi cura” di loro, cioè l’accompagnamento nei percorsi dell’apprendimento, dell’istruzione, della socialità.

Nell’ottobre 2020 ad un primo nucleo di ambulatori specialistici si è aggiunto quello di neuropsichiatria infantile, le indagini diagnostiche e le valutazioni clinico-funzionali, gli ambulatori di neurologia e di neurofisiopatologia pediatrica, l’ambulatorio multidisciplinare pediatrico, l’ambulatorio oculistico e odontoiatrico.

L’Istituto ha infine avviato il Centro di Ricerca InVita, in convenzione con l’Università di Perugia, specializzato nel campo della Riabilitazione, ormai punto di riferimento internazionale.

C’è però ora bisogno, proprio alla luce della ricerca, di una sfida più avanzata.

I tanti genitori che vengono ad Assisi rappresentano un racconto non consueto della città che non può che arricchire l’esperienza della cittadinanza. Sono tanti, vengono da ogni parte di Italia, molti alloggiano nelle strutture alberghiere e tra loro c’è chi si è trasferito ad Assisi.

La ricerca scientifica svolta ha ormai acclarato la funzione determinante dell’inclusione sociale e della revisione dell’ambiente alle esigenze della disabilità. Mentre da sempre la relazione con gli operatori è stato l’asse portante dello sviluppo individuale, ora si ha anche consapevolezza dell’importanza dello spazio fisico. La bellezza è componente della cura ed è così che sono stati modificati gli ambienti interni della struttura per rispondere alle esigenze sensoriali e cognitive.

Questa esperienza ha bisogno ora di diventare socialità reale, città reale.
Ha bisogno che la stessa città di Assisi sia partecipe di questo facendo della propria convivenza il primo grande laboratorio di nuova accoglienza e socialità urbana.
Ha bisogno che le strade, i musei, le basiliche, le opere d’arte siano accessibili non solo alle disabilità motorie, che nei ristoranti ci siano operatori formati ad accogliere persone con bisogni speciali, che gli operatori turistici siano formati per “ascoltare” con gli occhi, “vedere” con i suoni e con il tatto.

Insomma una città capace di interagire e relazionarsi con tutti indipendentemente dai limiti di ognuno.

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